Cini, le quattro facce del virus in India
L’emergenza COVID in Italia mi ha ricordato delle grandi emergenze della mia vita: lo tsunami nel Pacifico, il terremoto del Nepal, la guerra in Palestina, le guerriglie di confine sui tanti territori poveri del mondo in cui sono stata coinvolta nel corso del mio lavoro umanitario internazionale. Ma questa emergenza è senza precedenti: ha colpito Nord e Sud nello stesso modo, azzerando il confine della disuguaglianza tra i popoli che corre lungo il perimetro del pianeta e da sempre divide in due il mondo moderno tra chi ha e chi non ha.
Forse come mai prima, ci sentiamo così solidali tra noi stessi perché perfino il significato di ‘noi stessi’ è cambiato, includendo in esso anche ‘gli altri’ esposti a questa nostra stessa minaccia a tutte le latitudini. È da un po’ che lo sappiamo, ma ora lo abbiamo sperimentato letteralmente sulla nostra pelle: siamo tutti sulla stessa barca, un vascello in un mare in tempesta che può trasformarsi in un’arca di salvezza collettiva o sfracellarsi contro gli scogli delle divisioni e delle iniquità tra popoli ed etnie.
Anche nel grande abbraccio mondiale in cui siamo stretti nell’ora della paura, però, lo stesso male che ci minaccia si presenta con facce diverse a seconda delle geografie che abitiamo. In Italia e nel Nord del mondo benestante, il virus ha principalmente una faccia, quella sanitaria. In India, dove CINI lavora, e nel resto del Sud povero del pianeta, invece, il male è un mostro a tante teste. Secondo quello che vediamo nel campo, il COVID indiano ha almeno quattro facce: oltre a quella sanitaria, anche una alimentare e nutrizionale, una civile e una umanitaria.
Per arginare la crisi sanitaria – in un paese che manca di un vero sistema per la salute, la pratica occidentale del lockdown sta impedendo alla maggioranza della popolazione povera di uscire di casa (per chi la casa ce l’ha) per procacciare quelle risorse minime quotidiane di cui sfamare la famiglia. L’emergenza fame e malnutrizione infantile che colpisce fino all’80% i poveri in alcune aree, sta ora minacciando la gente in numeri ben maggiori di quelli del COVID. La disperazione che nasce da questa situazione esacerba la violenza. Ecco la terza faccia dell’epidemia in India, quella civile: le richieste pervenute alla nostra linea telefonica di soccorso infanzia Childline da parte di bambini che hanno fame e sono stati vittime di abuso, anche di natura sessuale, hanno registrato picchi del 150% sulla media. E poi, la quarta faccia, con masse intere di lavoratori migranti trattenuti in campi predisposti a fermare il contagio: una crisi umanitaria che confina i più poveri in campi di concentramento che li divide dalle loro famiglie lontane di cui non conoscono più il destino.
Un male unico, dunque, ma che le disuguaglianze di partenza fanno soffrire con diversi livelli di gravità. CINI ha raggiunto già 30.000 famiglie povere in India con gli aiuti ricevuti da tutto il mondo. Noi Italiani siamo stati tra i più generosi, grazie al sostanziale sostegno ricevuto da Fondazione San Zeno di Verona e quello di tanti altri nostri generosi donatori. Costruiamo insieme un’arca dove ci sia un posto uguale per tutti.
Eliana Riggio
Presidente