Arriva il protocollo globale per ridurre lo spreco di cibo
Strumenti di lavoro: dalla rassegna stampa gli aggiornamenti sulla situazione internazionale.
Arriva il protocollo globale per ridurre lo spreco di cibo
di Giuseppe Salvaggiulo
La Stampa, 22 novembre 2013
L’obiettivo è dimezzarlo nel 2020. Mercoledì il documento a Milano
I numeri dello spreco globale di cibo sono scandalosi, ma non quanto l’incapacità a farvi fronte da parte di istituzioni internazionali e governi, in particolare dei Paesi ricchi, che sprecano una quantità di cibo pari alla produzione dell’Africa subsahariana e in grado di sfamare tre miliardi di persone.
Per invertire la rotta si moltiplicano manifesti e conferenze per elaborare regole internazionali. Le Nazioni Unite, attraverso le agenzie Fao (alimentazione e agricoltura) e Unep (ambiente), hanno lanciato la campagna «Think.Eat.Save» per aiutare consumatori e commercianti, che si aggiunge a quella «Save food» rivolta alla filiera produttiva.
Il 27 novembre sarà presentata all’International Forum di Milano la bozza di un nuovo protocollo internazionale, sul modello di quelli in tema anibientale (il più famoso è quello di Kyoto), elaborata dal think tank Barilla Center for Food & Nutrition. «Le peculiarità del nostro lavoro – spiega Riccardo Valentini, docente dell’Università della Tuscia – sono due: considerare questo tema come un unicum – ambiente, salute, lotta alla povertà – e aprirlo alla partecipazione, prima di metterlo a disposizione dei governi».
Il protocollo stabilisce regole in tre direzioni: impegno a ridurre lo spreco di cibo del 50% nel 2020; limite del 5% alla destinazione di terreni fertili alla produzione di biocarburanti o foraggi per animali; promozione di una cultura della prevenzione (nel mondo ci sono 900 milioni di persone che patiscono la denutrizione e 1,5 miliardi l’obesità).
Il meccanismo prevede un organismo di governo internazionale e verifiche periodiche. La speranza è che questo lavoro sia valorizzato dall’appuntamento dell’Expo 2015, a cui il governo, come spiega il sottosegretario all’agricoltura Maurizio Martina, intende arrivare «cominciando al più presto un lavoro diplomatico».
L’ambizione è pari alla difficoltà. Al di là delle dichiarazioni di intenti, finora tutti i tentativi di regolamentazione sovranazionale hanno fatto poca strada. Nel gennaio 2012 il Parlamento europeo, su iniziativa italiana, ha approvato una risoluzione sugli sprechi alimentari. Dopo quasi due anni, prende polvere nei cassetti della Commissione. Per altro verso, anche quando si arriva a impegni sottoscritti dai governi, il successo è tutt’altro che concreto.
Kyoto docet: dopo una catena di fallimenti, gli esperti sono scettici sull’efficacia di protocolli internazionali sui temi ambientali. E preferiscono approcci nazionali, sia dall’alto che dal basso. Alcuni Paesi, come in particolare la Francia e l’Olanda, si sono mossi da tempo in questo senso. L’Italia, dopo un lungo stallo, comincia a farlo. Molte iniziative dal basso stanno funzionando.
Gruppi locali si organizzano sul web. Il «Last minute market», modello aziendale di recupero di cibo promosso dall’università di Bologna, viene studiato all’estero. Oltre mille sindaci (grandi città comprese) hanno firmato la carta «Spreco zero».
E il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando ha costituito un pool nazionale antispreco con esperti guidati dal docente bolognese Andrea Segrè, che presenterà presto un piano di azione con proposte a costo zero attuabili in pochi mesi.
IL MECCANISMO
Nasce dal Forum Barilla
prevede un governo unico e verifiche periodiche