Contro la violenza, insieme alle Case delle Donne
Nel nord-est della Siria le organizzazioni femminili sono un realtà consolidata ormai da tempo. Case delle Donne, organizzate in modo comunitario, dal basso, che sono riuscite ad ottenere la fiducia delle comunità per le quali lavorano, e in particolare delle donne vittime di abusi e violenze.
E’ qui che anche noi abbiamo deciso di intervenire, con il primo programma di contrasto alla violenza di genere (Gender Based Violence – GBV) attuato in Siria, grazie al sostegno delle Nazioni Unite.
Un programma vasto, e molto esteso geograficamente, che prevede sia una componente strettamente medica – con il sostegno e la costruzione di reparti di maternità negli ospedali distrutti dalla guerra – che psico-sociale, con il contrasto diretto alle violenze di genere e il sostegno all’emancipazione femminile.
Perché le forme di violenza che le donne dell’area subiscono e hanno subito non sono solo strettamente connesse con la situazione emergenziale che si è creata in seguito alla conquista di Daesh, e alla battaglia per la sua liberazione. Semmai, a causa dei conflitti, come spesso accade sono peggiorate.
Si tratta per la maggior parte di casi di violenze domestiche ed economiche, che impediscono alle donne di liberarsi da situazioni abusanti e immaginare di poter gestire autonomamente, e con dignità, la propria vita.
Per questo sono nati diversi centri femminili, e per questo in Siria abbiamo scelto di sostenerli attraverso un lavoro di capacity building, per aiutare le attiviste che le gestiscono a renderle più accoglienti, funzionali, e il loro lavoro sempre più efficace.
Senza cambiare nulla del loro impianto, abbiamo iniziato a fornire loro gli strumenti necessari per ampliare il fondamentale intervento di protezione e comunicazione verso le comunità coinvolte, allineare il loro operato alle linee guida internazionali sulla protezione delle vittime di violenza di genere, facendo sì che il loro lavoro sia supportato in domani anche a livello internazionale.
Già sostenute dall’amministrazione autonoma del nord-est siriano, e organizzate per fornire supporto legale alle donne vittime di abusi, le Case delle Donne locali sono collegate con Corti di Giustizia e Tribunali, e sono pertanto in grado di accompagnare le donne che scelgano di denunciare gli abusi lungo tutto il percorso legale necessario.
Noi abbiamo impostato il nostro lavoro insieme a loro per fornire anche sostegno psico-sociale, rendendo le donne emotivamente autonome, e consentire loro di vivere una vita normale.
Nel nord-est siriano infatti esiste già una legislazione dedicata alle donne molto avanzata in termini di protezione, che le mette nelle condizioni di poter denunciare violenze e abusi subiti in famiglia o in ambito domestico, anche grazie al lavoro delle Case delle Donne.
Diffuse in molti Governatorati della regione, hanno bisogno di sostegno per ampliare il loro intervento, e su questo ci siamo impegnati/e. In modo particolare per facilitare l’accesso alle zone più isolate e rurali, così come ai campi profughi che hanno accolto le famiglie siriane sfollate in seguito alle battaglie di Raqqa e Deir Ez Zor.
L’obiettivo è, come sempre, creare spazi sicuri per le donne, e auto-determinati in base ai bisogni espressi dalle comunità.
Tra le forme di violenza più diffuse che abbiamo riscontrato in questi mesi, i matrimoni forzati e precoci, ancora molto praticati nell’area. Per questo, tra gli interventi che portiamo avanti c’è anche un vasto lavoro di sensibilizzazione sui diritti delle donne e sulla loro salute riproduttiva.
Un intervento dal basso, come sempre insieme alla comunità locale e alle donne delle organizzazioni femminili, che ci permette di conoscere meglio la realtà sul campo e capire i bisogni delle persone.
Il fatto che lo staff sia per la gran parte siriano rappresenta un ulteriore punto di forza, perché le donne con cui si confrontano hanno fiducia in loro.
Nei prossimi mesi lavoreremo insieme per creare momenti di incontro, dibattito e discussione su temi che per loro sono importanti, fornire lo spazio per farlo, e incoraggiare le donne a prendere in mano la loro vita e rendersi autonome.
C’è poi una componente del programma più specificamente medica, che ci vede impegnati/e nella distribuzione di “dignity kits” per donne e ragazze. Per quelle fra loro costrette ad una condizione di sfollamento, e dunque di continuo movimento in condizioni igieniche instabili, avere accesso a questi kit è molto importante, e le distribuzioni sono anche un’occasione di incontro, dialogo, conoscenza reciproca e sensibilizzazione.
Siamo poi intervenuti direttamente sulla costruzione, o ricostruzione, dei reparti di maternità degli ospedali che sono stati danneggiati o distrutti dalla guerra. Siamo riusciti a creare un sistema di servizi dedicati alle donne in 3 ospedali e 3 cliniche nei Governatorati siriani di Raqqa, Hassake e Aleppo.
Due i tipi di servizi che vengono offerti: consultazioni pre e post-parto, e assistenza ostetrica di base. Oggi i reparti sono in grado di effettuare parti cesarei in sicurezza e piccole operazioni ginecologiche, garantendo il ricovero delle pazienti e dei loro figli, con aree attrezzate con incubatrici e altri dispositivi necessari.
Due reparti simili sono in questo momento in fase di costruzione nell’ospedale di Tabka, dove abbiamo attivato anche una sala chirurgica. A questo si affianca il lavoro di 3 Unità mobili sanitarie che sono in grado di muoversi nelle aree più isolate e rurali dei Governatorati, intercettando le necessità di donne che altrimenti avrebbero difficoltà di accesso alle cure.
Proteggerle, accompagnarle e incoraggiarle resta uno dei nostri obiettivi principali.
da Un ponte per…