Il Libano sta attraversando una delle peggiori crisi degli ultimi decenni. Ad ottobre scorso sono scoppiate le prime proteste antigovernative per chiedere le dimissioni dell’establishment politico accusato di corruzione e clientelismo. Che non si sono interrotte nemmeno durante la pandemia. In mezzo, per la prima volta nella storia, il paese ha dichiarato la bancarotta. Come prima conseguenza, i prezzi sono lievitati, con aumenti tra il 30% e il 55%, anche dei beni di prima necessità come il latte. Infine, solo pochi giorni dopo il default, è entrato in vigore il lockdown per contenere la pandemia da Covid-19 che ha assestato l’ultimo duro colpo a tutta quell’economia informale che sorregge centinaia di migliaia di famiglie (siriane, palestinesi e libanesi). Oggi, le stime ufficiali sui tassi di povertà vedono cifre mai registrate. Si parla del 75% della popolazione in stato di bisogno. Il paese, che conta 5,4 milioni di abitanti, registrerebbe oggi 4 milioni di poveri. Con 1 milione e mezzo di persone rifugiate dalla guerra in Siria e 500.000 palestinesi costretti/e nei campi profughi dal 1948. La reazione, più che scontata, della popolazione locale alla situazione in caduta libera è stata di scendere in piazza nonostante le restrizioni contro la diffusione del Covid-19, provocando una nuova fiammata di manifestazioni e proteste, non solo a Beirut. A Tripoli, l’Esercito libanese ha represso con la forza le proteste, lasciando sull’asfalto una vittima e diversi feriti. Dall’inizio della rivolta di ottobre 2019 è la quarta vittima ufficiale. In questo quadro complesso, sono state applicate sin dall’inizio della pandemia, misure restrittive progressive come la chiusura delle scuole, dei luoghi pubblici e di aggregazione fino ad arrivare a stabilire un lockdown con tanto di coprifuoco, recentemente rinnovato fino al 7 giugno scorso.
Anche le nostre attività nel paese hanno dovuto adeguarsi. Tutti i nostri partner hanno sospeso le attività sul territorio e chiuso i loro centri. Assomoud, con la quale sosteniamo a distanza per i/le minori palestinesi, ha dovuto sospendere le attività nei campi per palestinesi. È stata sperimentata la didattica a distanza, laddove i mezzi delle famiglie lo hanno consentito. Oggi è forte la preoccupazione per quel che accadrà nei prossimi mesi. Soprattutto rispetto alle fasce della popolazione più vulnerabili. |
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