HO LASCIATO LE MIE SCARPE A GULU
Rosaria è partita per Gulu pensando di “andare a fare”, ma si è resa conto ben presto che la cosa più semplice da fare per dare senso al suo viaggio era camminare. Un racconto toccante e sentito: Gulu lascia davvero un segno indelebile.
Prima di partire per Gulu pensavo soltanto a quello che avrei potuto “fare”, ma non sapevo nulla, ero solo presuntuosa. E’ bastato poco tempo per capire cosa era veramente importante, mi sono tolta le scarpe e ho incominciato a camminare a piedi nudi, per capire la terra, sentirne il ritmo, condividerne il passo. Ho lasciato le mie scarpe a Gulu, le ho date alle persone che ho incontrato, perché le provassero, così ora camminiamo assieme: abbiamo lo stesso passo. Ora sì che “possiamo fare”: possiamo crescere insieme perché i nostri cuori si sono incontrati attraverso e grazie ai nostri passi. Ora possiamo condividere le nostre esperienze.
Ho lasciato le mie scarpe a Gulu, ma ho avuto in cambio un cuore pieno di gioia.
Ho voluto usare un simbolismo per descrivere questa esperienza che è stata realmente un cammino; un percorso condiviso, anche se per poco tempo, con le persone meravigliose che ho incontrato: Bosco e i suoi nonni, Eveline e i suoi figli, Josephine, Santa e le loro famiglie e tutti gli operatori dei Comboni Samaritans of Gulu, che ora sono per me una nuova famiglia. Condividere la mia vita e conoscere la loro mi ha permesso di ridimensionare le mie priorità e anche di vedere le persone con occhi diversi. L’impronta che queste persone, con la loro dignità- il loro coraggio- il loro sorriso sempre presente anche nella sofferenza e nella difficoltà, hanno lasciato in me mi porta a considerare la misera orma che ho lasciato io, che mi pensavo così importante prima di partire.
In Africa, per moltissime persone ogni giorno, la vita è una grande fatica, noi lo chiameremmo “sopravvivere” eppure loro riescono ugualmente a sorridere e ad aver fiducia nel prossimo e nel futuro. Quando cammini lungo le strade sterrate e piene di buchi e vedi i bambini che ti corrono incontro solo per essere fotografati o per una caramella, o semplicemente per avere il “privilegio” di camminare con un uomo bianco, ti vengono le lacrime agli occhi. Inevitabilmente il pensiero ti porta a paragonare loro ai nostri bambini: “quali saranno i più felici?”. Sicuramente in Italia non mi verrebbe mai in mente di fermarmi a giocare per strada con i bambini. A Gulu invece era la normalità, un momento bello e ricco. Chi in Italia si priverebbe del proprio cibo per offrirlo a un ospite sconosciuto? Questo invece è quello che è successo quando abbiamo visitato alcune famiglie sostenute dall’associazione Good Samaritan.
L’Africa ti contagia, non puoi restare indifferente, né alla bellezza della sua natura, né alle persone che la abitano. Vastità, luce, colori, profumi si mescolano per lasciarti sbalordito. Certo, in questa esperienza ci sono stati anche momenti difficili legati proprio al differente modo di vivere la quotidianità; momenti in cui mi sono detta: “possibile che non sappiano organizzarsi che non arrivino a fare queste cose che per me sono normali e ordinarie?”. Ragionando poi con più obiettività, e meno con lo sguardo dettato dalla mia cultura, mi sono detta: “ma perché dovrebbero per forza fare come diciamo noi?”. Ancora oggi non so da che parte stia il “giusto e lo sbagliato” però so che solo se condividiamo le nostre esperienze possiamo veramente “dare frutti”.
Grazie a Good Samaritan che mi ha permesso di intraprendere questo viaggio, questo sogno che avevo fin da quando ero bambina. Il prossimo novembre ritornerò a Gulu e spero che qualcun’altro voglia seguire la strada che ho calpestato anche io.
da www.good-samaritan.it